A. Luisi (Bari), La terminologia del terrorismo nella vicenda dei Baccanali del 186 a.C.
La relazione comprende due parti: la prima presenta in sintesi
il racconto liviano (39, 8-20) della repressione dei Baccanali del 186 a.C.
e pone particolare attenzione nell’evidenziare e nel distinguere le parti
storiche dell’avvenimento da quelle di pura invenzione; la seconda indaga
sul pericolo politico della coniuratio e sulla necessità della repressione
voluta dal console Postumio, che ritenne sovversive le adunanze degli adepti
ai misteri dionisiaci.
Fondamentale è l’esame del discorso tenuto dal console all’assemblea;
le sue parole hanno un chiaro significato politico. A parte l’esordio
(15, 2-5), che mira a creare un clima di ansia, e il finale (16, 12-13), che
enuncia i provvedimenti adottati, esso si articola su tre punti: diffusione
e immoralità dei Baccanali (15, 6-14), rilevanza sociale e politica dell’organizzazione
(16, 1-5), falsità dei suoi connotati religiosi (16, 6-11). Soprattutto
nell’ultima parte del discorso di Postumio è evidente la preoccupazione
di qualificare la repressione in termini strettamente politici, dissipando ogni
timore religioso; il console astutamente, nel discorso rivolto al popolo, separa
l’aspetto politico da quello religioso. Egli afferma, tra l’altro,
che alla tradizione del mos Romanus si oppone la novità, all’ordine
il disordine dei Baccanali, alle virtù del miles Romanus la depravazione
dell’adepto al culto, la sregolatezza e i comportamenti non virili di
stuprati e stupratores: i Baccanali, dice Postumio, rovinano il cittadino, lo
devitalizzano, gli impediscono di essere un buon soldato. Tuttavia il reato
politico non è stato ancora oggettivamente consumato: lo riconosce il
console stesso in un passaggio (16, 3): necdum omnia, in quae coniurarunt, edita
facinora habent.
In questo racconto Livio attribuisce significato particolare ad alcuni termini
e utilizza parole che si prestano a un doppio senso, come per esempio coniuratio,
indicante un’associazione fondata sul giuramento comune di propri membri,
ma anche inteso come gruppo costituente un’unità sacrale: il senato
valuterà l’aspetto giuridico di questo secondo gruppo e darà
significato politico al suo giuramento. Altri termini si presteranno a un doppio
significato, come sacramentum, cioè il giuramento comune degli iniziati
al culto, differente dal sacramentum prestato dai militari; quaestio, cioè
la risposta dello Stato al tentativo di sovversivismo da parte dei congiurati
(clandestinae coniurationes), ma anche pieni poteri ai consoli con l’affidamento
della procedura (quaestio extra ordinem), nel significato di procedura straordinaria
o di procedura che travalica i confini della sola Roma e si estende a tutta
l’Italia.
L’esame terminologico si estende infine ad altri monemi particolarmente
utili a dimostrare il reale pericolo politico delle conventicole bacchiche.
L’intervento autorevole del Senato che sancì la repressione fu
sollecitato, secondo Livio, dal console Postumio che aveva ascoltato la confessione
di Ispala Fecennia. Ma a muovere i Patres a deliberare un senatusconsultum per
reprimere oltre settemila congiurati fu certamente Catone il Censore, del quale,
però, Livio tace.