Convegno 2006: Tra Oriente e Occidente. Indigeni, Greci e Romani in Asia minore

Riassunti degli interventi




Laura Boffo (Trieste), I centri religiosi d'Asia Minore all'epoca della conquista romana

Un dossier epigrafico ricomposto di recente, pertinente ad un antico villaggio ad Est della Gygaie Limne (Marmara Gölü) in Lidia, Pleura / Pleuroi, si dimostra particolarmente significativo della situazione di un centro religioso 'indigeno' nell'Asia Minore durante la fase di transizione dal controllo seleucidico a quello romano e fornisce alcune tracce per una riflessione circa le modalità del discorso tra i diversi fattori compresenti nell'intera regione, etnici, religiosi, politici. In esso, dal periodo di Apamea al passaggio fra II e I secolo a.C., ci vengono presentati in tempo reale:

Emergono così con evidenza alcuni elementi essenziali per la comprensione di un'importante fase di transizione nella vita dei centri di culto anatolici nel loro insieme: L'aspetto 'indigeno' dei diversi centri religiosi e la sua più o meno accentuata operatività in senso identitario vengono così ricondotti al discorso più generale della definizione degli spazi e delle rispettive sfere di azione, nei quali l'etnicità, il fatto religioso, il controllo politico, la sistematizzazione giuridica finirono col trovare forme accettate e condivise di coesitenza e di interazione.




Alain Bresson (Bordeaux), Caria capta? Nouveau regard sur le rapport des Cariens à l'hellénisme

Vitruve (2.7.12) défend en ces termes l'eau de la fontaine Salmakis, en Carie : "C'est à tort qu'on attribue, aux eaux de cette fontaine le pouvoir de rendre malades d'amour ceux qui en boivent. Pourquoi cette fausse opinion s'est-elle répandue dans le monde ? On ne sera peut-être pas fâché de le savoir. Ce qu'on dit de la propriété que doit avoir cette fontaine, de rendre efféminés et lascifs ceux qui y boivent, ne peut être fondé que sur ce que les eaux en sont d'une grande limpidité et d'un goût délicieux. Or, lorsque Mélas et Arevanias emmenèrent d'Argos et de Trézéne des habitants pour fonder en ce lieu une colonie commune, ils en chassèrent les barbares cariens et lélègues. Ceux-ci, s'étant réfugiés dans les montagnes, se réunissaient par bandes pour faire des incursions dans le pays, et le ravageaient par leurs cruels brigandages. Plus tard, un des colons, dans l'espoir de faire quelques profits, pourvut de tout ce qui était nécessaire une taverne qu'il bâtit auprès de cette fontaine, des eaux de laquelle il avait reconnu la bonté. Par l'exercice de son métier, il réussit à avoir ces barbares pour pratiques. S'y rendant d'abord un à un, ils finirent par se mêler aux réunions des Grecs ; puis, s'étant insensiblement dépouillés de leur naturel dur et farouche, ils s'habituèrent sans contrainte à prendre la douceur de leurs moeurs. Ce ne fut donc pas à une prétendue corruption qu'on y aurait puisée, que cette fontaine dut sa renommée, mais bien aux relations auxquelles elle donna lieu, relations qui firent pénétrer dans l'âme adoucie des barbares les charmes de la civilisation." (trad. Panckoucke).
Caria capta? Vitruve fait en quelque sorte le portrait d'une Carie barbare transformée en Carie grecque et civilisée. Ce schéma a-t-il une réalité? Et, si oui, comment les Cariens s'insérèrent-ils dans l'univers culturel des Grecs ? Furent-ils vraiment totalement transformés par le contact avec les Grecs ? A travers ce cas exemplaire, cette communication voudrait montrer le caractère à la fois bien plus complexe et plus évolutif du contact entre les Cariens et les Grecs.




Maria Domitilla Campanile (Pisa), L'assemblea provinciale d'Asia in età repubblicana

Nel contributo sono studiati alcuni aspetti degli elementi costitutivi dell'assemblea provinciale d'Asia; vengono poi analizzate alcune testimonianze pertinenti al koinòn d'Asia e databili all'epoca repubblicana; viene poi dedicata attenzione ai mutamenti affrontati da questo organismo nei primi decenni del I secolo a.C., alle figure dei primi rappresentanti dell'assemblea provinciale d'Asia e al loro rapporto con il potere romano, sino al 29 a.C. Questa data rappresenta, infatti, un momento essenziale nello sviluppo del koinòn d'Asia: in quell'anno, infatti, Ottaviano, a fronte di richieste di ambasciatori del koinòn d'Asia e di Bitinia, permise ai Romani residenti in Asia e in Bitinia di erigere un tempio dedicato a Roma e a Giulio Cesare, rispettivamente nelle città di Efeso e di Nicea. Ai peregrini, ovvero ai Greci d'Asia e di Bitinia, Ottaviano concesse invece di innalzare un tempio dedicato a sé e alla dea Roma nelle città di Pergamo e Nicomedia.




Paolo Desideri (Firenze), I Romani visti dall'Asia: riflessioni sulla sezione romana della Storia di Eraclea di Memnone

La sezione romana della Storia di Eraclea Pontica di Memnone, di cui ci conserva un riassunto parziale la Biblioteca di Fozio, corrisponde presumibilmente ai libri dal quattordicesimo al sedicesimo (ultimo dell'opera, così come Fozio la possedeva al momento della lettura). L'autore inseriva questa sezione nel contesto di una storia complessiva della città, dalla fondazione fino alla conquista romana e oltre, nel solco di una tradizione di storici locali, dei quali conosciamo i nomi: Promathidas, Nymphis, Domizio Callistrato. Le vicende successive al passaggio dei Romani in Asia, e specialmente le guerre romano-mitridatiche, allargavano lo sfondo politico sul quale acquistava significato la storia della città ben oltre i limiti, già molto dilatati rispetto all'orizzonte cittadino, fissati dalla conquista di Alessandro. Alla fine la storia di Eraclea diventava un capitolo della storia dell'impero romano, e insieme la cronaca della fine annunciata della libertà politica della città, ma anche, forse, di una sua possibile ripresa nel mondo ormai dominato da Roma. I punti salienti della narrazione sono l'originale retrospettiva sulle origini della potenza dei Romani, e i suoi sviluppi successivi fino all'inopinato imporsi del popolo italico sulla scena politica del mondo greco-asiatico; la rievocazione dei primi rapporti diplomatici fra i comandanti romani ed Eraclea, fino alla stipulazione di un trattato di amicizia e allenza con Roma; il resoconto degli impossibili tentativi della dirigenza cittadina, un secolo più tardi, di conservare una posizione di neutralità fra Roma e Mitridate, e, dopo l'ambigua scelta di campo a favore di Mitridate, della presa e devastazione della città ad opera dei comandanti romani Cotta e Triario. L'ultimo libro visto da Fozio terminava, apparentemente in modo non conclusivo, con la morte di Brithagoras, l'uomo politico eracleota che, al tempo di Cesare, aveva dedicato gli ultimi anni della sua esistenza al tentativo di avviare la città ad una nuova vita sotto Roma. Si cerca di enucleare da questo complesso di dati storiografici un punto di vista cittadino ed asiano sul mondo romano, dal quale sembra che ci si aspetti - una volta riconosciuto il suo inevitabile dominio - di poter salvaguardare in qualche misura le proprie tradizioni politiche e culturali.




Roberto Gusmani (Udine), Continuità, fratture e processi di osmosi nel panorama linguistico dell'Asia Minore del I millennio a. C.

La relazione toccherà i seguenti argomenti:




Helmut Halfmann (Hamburg), Italische Ursprünge bei Rittern und Senatoren aus Kleinasien

Die ersten aus Kleinasien gebürtigen Senatoren und Ritter stammen in ihrer großen Mehrheit aus römischen Familien italischen Ursprungs. Aber es haben nicht alle Städte des griechischen Ostens, in denen römische Bürger siedelten, seien es römische Kolonien, seien es griechische Poleis, ihre Söhne in mehr oder weniger gleich großer Anzahl in den Ritter- oder Senatorenstand entsenden können. Es geht in dem Vortrag um den Versuch, diese Unterschiede festzustellen und Denkanstösse zu ihrer Erklärung zu bieten, da den Divergenzen offensichtlich eine Stadttypologie zugrunde liegt, die die unterschiedlichen Chancen der lokalen Oberschicht definierte, in die Reichsaristokratie aufzusteigen.
Unter den griechischen Städten hat es offenbar große Unterschiede gegeben hinsichtlich Zahl, Sozialprestige und Wirkungsmöglichkeiten der Italiker innerhalb ihrer Polis. Ebenso bieten die von Caesar und Augustus im Osten gegründeten römischen Kolonien ein unterschiedliches Bild hinsichtlich ihres sozialen Gefüges, ihrer städtebaulichen Entwicklung und den Möglichkeiten, aus ihrer Mitte Männer in den Senat nach Rom zu schicken. Ein Vergleich zeigt, dass sich kein Schema von äußeren Bedingungen und bestimmten internen Qualifikationsmerkmalen konstruieren lässt, mit dessen Hilfe sich die Heimatstädte von Senatoren, auch wenn die italische Herkunft ihrer Familien ihnen gemeinsam war, typologisch leichter bestimmen ließen.
Die Tendenz ist freilich eindeutig: Mit Ausnahme von Pergamon waren es nicht die geschichtsträchtigen Städte Griechenlands und Westkleinasiens, sondern die jüngeren Städte Süd- und Mittelanatoliens, die die idealen Rahmenbedingungen für eine neue urbanistische Entwicklung und zugleich zur Herausbildung senatorischer Vermögen boten. Eine wirtschaftliche und familiäre Achse" Pamphylien-Pisidien-Galatien bildete zwar nicht das alleinige, aber das größte Reservoir kleinasiatischer Senatorenfamilien des 1. Jahrhunderts n. Chr.




Philip Hardie (Oxford), Phrygians in Rome: Catullus, Virgil, and others

In Roman literature of the late Republic and early Empire 'Phrygian' is both a label for the Trojan origins of Rome and a term for the barbarian Other. Attic tragedy appears first to have made the identification between Trojan and Phrygian as part of what Edith Hall calls 'inventing the barbarian'. What is curious about the Roman reception is that, so far from suppressing the negative connotations of 'Phrygian', or dropping the term as a badge of ethnic origin, the 'non-Roman' meanings of the name are allowed, even encouraged, to play within myths of national origin and identity. Recent attention (Wiseman, Beard, Nauta) has focussed in particular on the role within the Roman discourse of identity of the introduction and rituals of the Phrygian goddess, Cybele/the Magna Mater.
There is another way in which 'Phrygian' functions as a shifting signifier, in the fluidity of the term as a geographical label. The geographers distinguish between 'Great Phrygia', the one-time kingdom of Midas, and 'Small Phrygia', including the Troad and the region around mount Olympus; they also comment on the difficulty of distinguishing the boundaries of Phrygia, Mysia, and Bithynia. Furthermore the Phrygians are said originally to have migrated into Asia Minor from Europe. From this point of view the migration of the Trojan 'Phrygians' to Italy and their transformation into Romans is part of a larger story of wanderings and uncertain boundaries. In the Metamorphoses Ovid uses 'Phrygian' as a geographical term in apparently confusing, but I shall argue knowing, ways as the perpetuum carmen slowly sweeps the reader towards the City 'owed by the Phrygian descendants' (15.444).
At the very centre of the Metamorphoses is the Phrygian story of Philemon and Baucis; geographical location is again debatable, but autopsy on the part of the internal narrator suggests a particularly authentic picture of Phrygia: the humble couple might be typical inhabitants of the historical Phrygia, 'rural Anatolia par excellence' (Mitchell), their piety a reflection of the strict morality and concern for justice attested in surviving Phrygian religious inscriptions. But the story also presents an unmistakably Roman message: an alternative to the story of the Magna Mater as an expression of the Romans' perception of their relationship to the gods?




Frank Kolb (Tübingen), Akkulturation in der lykischen 'Provinz' unter römischer Herrschaft

Verso la metà del I secolo a.C., Cicerone chiama Graeci homines gli abitanti della Licia, una penisola dell´Asia Minore sud-occidentale. A quel tempo i Lici usavano la lingua greca, erano organizzati in poleis e in una confederazione di tipo greco, e coltivavano elementi fondamentali della cultura ellenistica. La Licia e la civilizzazione licia erano infatti uscite da un processo di acculturazione iniziato nel VII/VI secolo a.C., che era stato particolarmente influenzato dalla cultura greca. E questo processo non era stato interrotto dopo la battaglia di Magnesia del 190 a.C. e l'intervento romano, cui era seguito l'ingresso della Licia nell'orbita dell'egemonia di Roma.
La trasformazione della regione in una provincia dell´impero, nel 43 d.C., ebbe invece ripercussioni assai gravi, tanto sulle strutture politiche e sociali delle singole poleis, quanto sulla stessa confederazione licia: l'adattamento al modello romano si estese a poco a poco a diversi settori della vita pubblica, come l´architettura, il diritto, i giochi pubblici ed il comportamento dell´aristocrazia locale. Possiamo osservare tutti questi fenòmeni, e i loro effetti sulla stratificazione sociale, non soltanto nelle poleis più grandi e importanti, come Myra, Patara, Xanthos e Tlos, ma anche in città più provinciali, come nella polis di Kyaneai, situata in una regione rocciosa ed arida della Licia centrale, con un centro urbano di non più di 1000 abitanti circa. Ricerche intensive sul territorio di Kyaneai hanno ulteriormente dimostrato che quella trasformazione politica e sociale determinò cambiamenti fondamentali nella struttura dell´insediamento rurale e nelle relazioni fra centro urbano e comunità rurali.
D´altra parte, nell'ambito della vita privata, la presenza romana non ha lasciato tracce molto notevoli, né nell´architettura privata (eccetto la costruzione di grandi mausolei da parte di qualche aristocratico licio), né nella vita religiosa, né nell´onomastica della popolazione (ad eccezione di persone di cittadinanza romana). L´uso della lingua latina è limitato a poche iscrizioni dell´ambito militare ed amministrativo. La Licia era una provincia inermis, con una sola coorte ausiliaria, e c'erano pochi immigranti italici. Alcuni aristocratici lici avevano rapporti e legami di parentela con senatori ed equites romani, e alcuni di loro riuscirono anche ad accedere al livello dell'aristocrazia imperiale; però, in generale, il popolo non sembra essere entrato spesso in contatto con persone parlanti latino.
Soprattutto nel II e III secolo d.C. possiamo piuttosto constatare un rafforzamento o ravvivamento della cultura greca e di tradizioni licie mai scomparse, particolarmente nella vita religiosa. Si avverte la presenza di un patriottismo licio, in parte fondato sulla mitologia greca, che però non esprime un'opposizione all´impero romano, ma risulta integrato nella koine imperiale ellenistico-romana.
In definitiva, nonostante la continuità di tradizioni licie e il ruolo dominante della cultura greca, la trasformazione della società licia per influsso della civilizzazione romana (o meglio imperiale), è stata certamente profonda.




Stephen Mitchell (Exeter), Romans and Isaurians in the Fifth Century

Ancient Isauria, which was situated in the middle section of the Taurus mountain range in southern Turkey, is one of the least studied regions of Anatolia. Furhermore, the historical study of Asia Minor as a whole is far less advanced for the period of late antiquity and the later Roman Empire than it is for the hellenistic and imperial periods. However, during the fifth century AD Isauria presents us with one of the most puzzling historical paradoxes to be encountered at any time in Asia Minor's history. At the beginning of the fifth century the only Roman legions deployed at a significant distance from the empire's external frontiers were two legions stationed in Isauria, under the command of a comes per Isauriam (Not. Dign. Or. XXIX). The fifth-century historian Priscus summarized the perils that faced the eastern Roman Empire in AD 447, as it was challenged by the rampant threat of Attila and the Huns: "They were not only wary of starting a war with Attila, but they were afraid also of the Persians, who were preparing for hostilites, the Vandals who were harrying the coastal regions, the Isaurians whose banditry was reviving, the Saracens who were ravaging the eastern parts of their dominions, and the Ethiopian tribes who were in the process of uniting" (frag. 10). This pasage lists the Isaurians as one of the principle non-Roman, barbarian adversaries of the empire. However, less than thirty years later in AD 474, at almost exactly the time that Priscus wrote these words, an Isaurian leader, Zeno, became emperor, and ruled the Roman world from Constantinople until his death in 491. This paper will consider some of the questions that are raised by the emergence of the 'Isaurian dynasty' in the last quarter of the 5th century, one of the obscurest periods in Roman history.




Consuelo Ruiz Montero (Murcia), L'Asia Minore nel romanzo greco

È ben noto a tutti che nella logografia ionica si rintracciano i primordi della narrativa greca di finzione in prosa. Erodoto di Alicarnasso, in particolare, fornisce esempi di leggende e fiabe che hanno un carattere tradizionale locale. Queste cosidette "novelle" ioniche saranno fondamentali per la nascita del romanzo come genere letterario. Ciò nonostante, le Tetralogie di Antifonte di Ramnunte costituiscono il primo esempio greco di finzione in prosa, di narrazione cioè di fatti inventati. Il trasferimento della retorica attica in Asia Minore renderà possibile la nascita di un genere di finzione in prosa finalizzata anzitutto a procurare divertimento. È così che il primo titolo riferibile a questo genere sono le Milesiakà di Aristide di Mileto, scritte nel II secolo a.C., che sembrano essere delle storie locali narrate in prima persona.
L'Asia Minore è dunque, a nostro parere, il luogo di nascita del romanzo greco, ma esamineremo anche il ruolo dell'Egitto a questo riguardo. I frammenti papiracei dei piu antichi romanzi greci d'amore, quelli di "Nino" e di "Metioco e Partenope", sembrano appoggiare questa ipotesi. Ma i dati più interessanti sono forniti dalla Calirroe di Caritone di Afrodisia e dalle Storie efesie di Senofonte di Efeso, i più antichi romanzi d'amore pervenutici completi. Le due opere letterarie costituiscono importanti documenti per la storia sociale di tutta quella zona: è per questo che studieremo i dati più significativi sull'ideologia e sugli altri aspetti di realia che questi testi forniscono, come anche il loro legame con la seconda sofistica.




Ruurd Nauta (Groningen), Phrygian eunuchs and Roman uirtus. The cult of the Mater Magna and the Trojan origins of Rome

Asia Minor was present in the City of Rome at its very centre: on the Palatine, next to the house of Augustus and close to many spots connected with the foundation of the city, was the temple of the Mater Deum Magna Idaea, who had been brought from Phrygia to Rome in 205/4 BCE. Her worship was associated on the one hand with the respectable Roman ludi Megalenses, on the other hand with the orgiastic rites of her priests, who were Phrygian eunuchs. The goddess' 'Phrygian' home could be situated more specifically in the Troad (as Idaea indicates), and that implied that she shared her origins with Aeneas, the founder of the Roman people. Thus the 'Oriental' elements in her cult might reinforce an 'Orientalist' reading of the Trojan origins of Rome. Moreover, the uneasiness that might accompany such a reading was bound to increase when representations of 'Oriental' enemies such as the Parthians came to occupy a larger part in the Roman collective imagination.
In this paper I intend to provide a brief sketch of how these developments are reflected in and shaped by the art and literature of the Late Republic and Early Empire. The most important document is Virgil's Aeneid, which is not only the central text about Rome's Trojan origins, but also grants a large role to Cybele (the mythological name of the Mater Magna). She is shown positively as supporting the Trojans, who however, are sometimes characterised negatively by their opponents in terms recalling Cybele's eunuch priests (and there is also the description of the priest Chloreus). In Book 5, the torque worn by the boys performing the lusus Troiae has been connected to the dress of these priests, and the ecphrasis of the Trojan boy Ganymede may prompt associations with the goddess' youthful consort Attis, as well as with Iulus, Aeneas' son and successor. I hope to suggest how all this (and more) amounts to a sustained Virgilian commentary on his contemporaries' concerns about decadence, the East and Roman identity.




Maurice Sartre (Tours), La «romanisation» en Asie Mineure : un concept inadapté?

D'une langue à l'autre, le terme de « romanisation » change de sens. Alors que certains l'emploient pour désigner la domination politique de Rome, avec le cortège d'innovations de tout ordre qu'elle implique, on préfèrera ici retenir un sens plus restreint, limité aux seuls aspects culturels. De cette manière, « romanisation » répond exactement à « hellénisation ».
Si le concept reste largement opératoire pour la partie occidentale - non hellénophone - de l'Empire, on hésite bien davantage à l'employer pour la partie orientale, les provinces hellénophones de longue ou de fraîche date. La question se pose notamment pour le monde égéen, la Grèce balkanique comme les provinces d'Asie Mineure.
Bien que la « romanisation » puisse se traduire par l'emprunt de traits variés à la civilisation de Rome, il est gênant d'employer un tel terme alors que l'élément fondamental, celui de la langue, fait défaut. Il faut donc se résoudre à une « romanisation » qui se ferait en grec, et dans un milieu totalement hellénophone. C'est une première différence fondamentale avec le phénomène d'hellénisation.
Par ailleurs, il convient de faire la distinction entre ce qui est l'emprunt de techniques sans incidences culturelles (techniques de construction par exemple), l'adoption concomitante en Orient et en Occident d'innovations « modernes » dont on ne saurait rapporter l'invention à Rome seule (les rues à colonnades, l'urbanisme), et ce qui relève de vrais emprunts culturels à la civilisation de Rome et de l'Italie comme les jeux du cirque et de l'amphithéâtre. Si l'on ajoute que des inventions grecques, adoptées par Rome, reviennent en force dans le monde grec et s'y développent de façon spectaculaire à l'époque impériale, on admettra qu'il n'est pas facile de déterminer avec précision en quoi consiste la « romanisation » de l'Asie Mineure.
Pourtant, la conscience d'appartenir au monde romain existe à l'évidence, du moins chez les notables durant les deux premiers siècles de notre ère et, je crois, chez tous au-delà. Au point que la population de la partie grecque de l'Empire finit pas se nommer elle-même « les Romains » jusqu'à la prise de Constantinople par les Turcs ! Mais parler de « romanisation » est sans doute est mauvaise façon d'aborder la question et mieux vaudrait s'interroger sur la manière dont les habitants hellénophones de l'Empire se sont constitués une nouvelle identité culturelle sous l'Empire, à la fois grecque, romaine et civique. Le concept trop englobant de « romanisation », comme souvent « hellénisation », est inadapté pour rendre compte de la complexité des situations culturelles individuelles et collectives.




Mustafa Sayar (Istanbul), Urbanisation in Cilicia Pedias während der römischen Herrschaft

Wie bekannt besteht Kilikien aus völlig unterschiedlichen Landschaften. Die mittleren und westlichen Teile sind gebirgig, weshalb sie seit der Antike als Rauhes Kilikien bezeichnet werden. Hingegen ist Ostkilikien relativ flach und wird deswegen als Ebenes Kilikien bezeichnet.
Im Rahmen dieses Referates wird versucht, einen Überblick über die Prozesse der Urbanisation im Ebenen Kilikien darzustellen. Der Zeitraum des hier behandelnden Themas umfasst eine Periode vom  Beginn der Gründung der römischen Provinz Kilikien durch Pompeius Magnus  65/64 v. Chr. bis zum Ende der Römerherrschaft durch denÜberfall des Sassanidischen Königs Shapur I. im Jahre 260 n. Chr.
Zum Verständnis der für die Bevölkerung Kilikiens bedeutenden Änderungenin Folge der Herrschaft Roms werden Rückblicke und Vergleiche mit der Zeit der Seleukidenherrschaft im Bereich des Ebenen Kilikien angestellt.




Marta Sordi (Milano), Paolo e le città d'Asia

Le tre missioni di Paolo in Asia Minore a noi note dagli Atti degli Apostoli si compiono tutte sotto il regno di Claudio, fra il 47/48, dopo l'incontro di Paolo con Sergio Paolo a Cipro, e il 54, quando Paolo fu arrestato a Gerusalemme (secondo la cronologia "corta" da me adottata). La prima missione riguarda Antiochia di Pisidia, Listri, Iconio, Derbe, tutte colonie augustee fondate fra il 25 e il 6 a.C. (esclusa Derbe) e tutte comprese nella provincia romana di Galazia, dove i Sergi Paoli avevano i loro beni; la seconda riguarda ancora la conferma delle chiese fondate in Galazia (in particolare le città di Derbe e di Listri) a cui è dedicato anche l'inizio della terza missione, che si conclude poi in una sosta biennale a Efeso, capitale della provincia romana d'Asia. Si discute fra i moderni sulla composizione civica delle colonie romane di Galazia: negli Atti la vita comunitaria di Antiochia di Pisidia e di Iconio fa pensare di più a città greche e indigene, con una forte presenza ebraica, che a colonie romane (come risulta invece a Filippi). Listri sembra addirittura una città quasi esclusivamente licaonica. Non c'è traccia in ogni caso di "doppie comunità". Ciò non significa che l'elemento romano fosse stato già assorbito in quello locale, ma che la sua presenza, diversamente da Filippi, non era tale da colpire i missionari. La sosta ad Efeso appare caratterizzata da due episodi, quello degli esorcisti giudei e del rogo di molti libri di magia e quello del tumulto degli argentieri, che è il primo attacco anticristiano (dopo quello di Filippi) proveniente da pagani, senza interferenza, almeno all'inizio, dell'elemento giudaico locale, determinante per gli scontri in Galazia. Ciò che colpisce, in questo secondo episodio, è l'aperto favore dell'autorità locale (il grammateus e gli Asiarchi), notoriamente vicina al potere romano, verso Paolo e i suoi amici: un favore che rivela la capacità di Paolo di stabilire rapporti amichevoli anche con elementi delle classi dirigenti (come già a Cipro). La missione in Asia e, soprattutto in Galazia, con gli scontri con l'elemento giudaico per la circoncisione, sono decisivi per la presa di coscienza, da parte di Paolo, della novità del Cristianesimo, dell'apertura ai Gentili e della svolta epocale già iniziata da Pietro con la conversione e il battesimo del centurione Cornelio.




Emilio Suárez de la Torre (Valladolid), Tradizione profetica, composizione poetica e identità nazionale: Asia ed Europa negli Oracoli Sibillini giudaici

Nella prima parte di questa relazione vengono analizzati aspetti che riguardano la tradizione poetico-oracolare nella quale s'inseriscono gli oracoli sibillini (origine, sviluppo, contenuto). Nella seconda parte si studia un esempio di 'riattivazione' di questa tradizione poetico-oracolare: il terzo libro della raccolta pervenutaci sotto il titolo di Oracoli Sibillini, che illustra molto bene il consolidamento della tradizione e nel quale hanno un ruolo notevole le allusioni al confronto Europa/Asia. Questo terzo libro, la cui struttura viene studiata in maniera dettagliata, diventa paradigmatico (si percepisce la sua influenza negli altri libri di origine giudaica) e dimostra bene come la tradizione può essere riattivata come strumento politico-religioso nella difesa dell'identità nazionale e culturale di un popolo.
Quest'analisi (dello sviluppo della tradizione e della sua 'cristallizzazione') ci permette di vedere, prima, come un antico modello orientale viene subito assimilato dall'Occidente e incorporato alla sua tradizione poetica. Questa adozione del modello è parallela all'adozione di un sistema di credenze e pratiche profetiche, ma con tratti particolari. L'attivazione del modello sibillino è specialmente notevole nei grandi momenti di conflitto, sia interno sia (soprattutto) esterno. I periodi di attività sibillina più importanti coincidono con eventi storici che riflettono l'ostilità tra Asia ed Europa, nei due sensi: come originata in Asia (Persiani) ovvero in Europa (Macedoni, Romani).
L'oracolo sibillino diventa così uno strumento adoperato da un popolo (i Giudei) che ha conosciuto una continua dislocazione geografica, che ha vissuto spesso in un ambiente ostile (sia in Egitto, sia sotto i Seleucidi, sia in diverse zone dell'Impero Romano) e che, per questi motivi, ha una forte necessità di affermazione della sua identità come nazione (in grande misura fondata sulla religione).
Il libro III degli Oracoli Sibillini ci serve dunque per illustrare tutti i concetti precedenti, per la sua natura di amalgama delle tradizioni anteriori, riorientate in una precisa situazione storica.




Chrysanthe Tsitsiou-Chelidoni (Komotini), Kleinasien zwischen Osten und Westen. Titus Livius' Bericht über den Kampf zwischen Antiochos III. und den Römern (192-189 v. Chr.)

In der vierten Dekade seines Werkes Ab urbe condita, vorwiegend in den Büchern 35, 36 und 37, berichtet Livius von dem Krieg zwischen dem König Antiochos III. und den Römern. Zu diesem Konflikt hat nach dem römischen Historiker das Ausgreifen des Antiochos nach Kleinasien und in den europäischen Teil Thrakiens geführt, denn die Römer haben die Bewegungen des Königs nach Westen als eine Drohung gegen sich selbst und ihre politischen Pläne empfunden.
Livius erzählt von den einschlägigen Ereignissen als von einer großen Kollision zwischen dem Osten (Asien) und dem Westen (Europa), wobei er die Begriffe "Asia" und "Europa" nicht nur in geopolitischem, sondern auch in kulturellem Sinn verstanden zu haben scheint. In dieser wie auch in weiteren Beziehungen fordert die livianische Erzählung die Assoziation mit den Erzählungen Herodots von den Kriegszügen der Perser gegen Griechenland heraus.
Der Vergleich mit dem griechischen Historiker macht deutlicher, dass im Text des Livius Spuren eines neuen kulturellen Europa-Begriffs zu entdecken sind, der von den Römern stark mitgeprägt ist. Derselbe Vergleich zwingt außerdem den Leser, die römische Expansions-politik, die hautpsächlich mit den Expeditionen nach Osten anfängt, derjenigen Athens gegenüberzustellen. Das Schicksal Kleinasiens jedoch nach dem Konflikt zwischen Antiochos und den Römern, gibt uns Anlass über die Grundlagen und die eigentlichen Ziele der römischen Ostpolitik weiter nachzudenken. Florus allerdings, der den Text des Livius im ähnlichen Sinn gelesen zu haben scheint - die Römer haben nach ihm im Krieg gegen Antiochos die Griechen als Sieger über die Perser weit übertroffen -, kommt zu einem unein-age-schränkten Lob Roms.




Alfredo Valvo (Brescia), Origine e provenienza delle gentes italiche in Asia Minore nell'età giulio-claudia

La fondazione di colonie in Asia Minore (Antiochia di Pisidia, Comama, Cremna, Lystra, Olbasa, Parlais) seguita alla morte di Aminta (25 a.C.) e alla guerra contro gli Homanadenses (6 a.C.), che costituì l'asse portante della nuova provincia di Galazia, diede luogo ad una trasformazione radicale del sistema commerciale ed economico della regione, soprattutto per la presenza stabile di coloni romani provenienti dai ranghi militari, alcuni dei quali di distinsero per una vigorosa iniziativa politica ed ebbero così accesso alla carriera equestre e persino senatoria.
I veterani di due legioni, in particolare, si lasciano riconoscere attraverso l'onomastica come provenienti da area italica centro-meridionale. I dati che emergono sono significativi perché consentono di riconoscere, almeno in parte, tradizioni, cultura e composizione delle colonie fin dall'inizio del I secolo d.C., e perciò anche l'ambiente nel quale si inseriscono i viaggi compiuti dall'apostolo Paolo in Asia Minore.
Intorno a questa colonizzazione, che è caratteristica del periodo augusteo e dell'età giulio-claudia, si possono avanzare considerazioni sull'origine e la provenienza dei coloni grazie anche alle notizie sul reclutamento delle legioni coinvolte nelle vicende asiatiche (la V e la VII) e ai dati epigrafici più recenti.